Gabriel Blog

niedziela, 23 września 2007

la frutta
Aumentano le temperature in tutta la Penisola, e con esse i prezzi di uno degli alimenti estivi più apprezzati dagli italiani, la frutta, che sotto il solleone viene consumata soprattutto take-away.
Ma da un'indagine dell'Adoc, svolta sull’intero territorio nazionale, risulta che
i nutrienti e rivitalizzanti prodotti della terra sono sempre più da considerarsi dei beni di “lusso”, dato il loro costo, ogni anno più accentuato. La ricerca ha coinvolto diversi tipi di frutti, dai classici melone e cocomero ai più esotici papaya e frutto della passione, registrando ovunque aumenti, anche del 50%.
“Registriamo aumenti incontrollati – commenta Carlo Pileri, Presidente dell'Adoc -
E' irragionevole che una singola fetta di melone costi 1,50€ quando, comprando l’intero frutto da un grossista, da cui si possono ricavare una decina di spicchi, se ne spendono al massimo 0,62€.
In questo modo,
il ricarico a favore del commerciante è del 141,9%. Consigliamo ai cittadini di tenere in considerazione questi dati e, se possibile, di acquistare la frutta al mercato prima della rinfrescante passeggiata serale.”
Nel turbinio di aumenti è stata coinvolta anche la romana grattachecca, ormai reperibile in tutta Italia, ma a caro prezzo (2,20€ il minimo), e lo spiedino di frutta, un accattivante mix di sapori dolci al “modico” costo di 1,90€ (+26,6% rispetto al 2006).
Esosi anche i bicchieri di frutta esotica, arrivati a quota 3,50€, e il cocco, caratteristico prodotto da spiaggia, aumentato del 30%. Un vero e proprio salasso per qualche minuto di freschezza.
“Sono prezzi assolutamente fuori mercato – prosegue Pileri -
Pagare 3,35€ per una grattachecca, fatta di solo ghiaccio e sciroppo, peraltro in quantità minime, è un’esagerazione. Idem per lo spiedino e le macedonie, il cui costo non rappresenta certo il valore del prodotto, spesso composto da pochi pezzi di frutta. Sproniamo i consumatori a valutare con attenzione i prezzi esposti, soprattutto in rapporto al bene offerto”.

la pasta e il grano
Aumenta la produzione di etanolo e il costo della pasta s’impenna: dato che il grano viene coltivato sempre meno per far spazio al granturco, materia prima del biocarburante, inevitabilmente il suo prezzo cresce, oltre il 30% rispetto al 2006 sul mercato di Foggia. Così lievitano i costi del prodotto Made in Italy per eccellenza: la pasta.
I produttori stanno ritoccando i listini verso l’alto, con punte anche del 10% - – Considerando che un piatto di pasta non manca mai sulla tavola degli italiani, l’impatto sulla spesa per il consumatore è considerevole”.


Secondo Coldiretti Per ogni euro speso in pasta non più di 8 centesimi servono per pagare il grano prodotto dagli agricoltori con valori che scendono ulteriormente se si tratta di pasta fresca, a conferma di come sia strumentale imputare ai prodotti agricoli la responsabilità di aumenti così rilevanti al consumo. Coldiretti sottolinea anche che il costo del grano è adesso lo stesso degli anni 80, a differenza di quanto avviene per i prodotti derivati che sono fortemente rincarati per i consumatori.

Vale la pena ricordare che con un chilo di grano dal prezzo di circa 20 centesimi al chilo si riesce a produrre con la trasformazione in farina e con l'aggiunta di acqua, un chilo di pane che viene venduto ai cittadini a valori variabili da 2,5 Euro al chilo per il pane comune a 5 Euro e oltre per i pani più elaborati, con valori ancora molto più alti per i dolci.

e per concludere la mia certezza sulla sensazione che in Italia siamo come i ricconi proprietari di estrazioni petrolifere del Texas... (ma il vero problema è che pochi si ribellano e tanti se ne approfittano), veniamo ai costi della politica.

C'e' qualcosa che non quadra nei conti dei costi del nostro Parlamento.
Come riportato dal Il Sole24Ore
una legge approvata dal Parlamento italiano costa 4,6 milioni di euro.
La Gran Bretagna spende 10 milioni di euro, la Francia 5,390 milioni, la Germania 3,770 milioni.

fonti e approfondimenti: Adoc - Coldiretti - Aduc

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